author
Virginia Zanetti – Fiesole, Firenze 1981
artista
contribution
For Ever, 2012
water color and pencil on engraving paper, 50 cm x 35 cm
received 24.03.12
notes
Caro Pietro
Il tuo invito a partecipare a The wall è arrivato l’8 marzo, giorno della festa della donna, data simbolo delle vessazioni che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli e punto di partenza per il riscatto della propria dignità. Pensando intuitivamente al concetto di “muro” mi è risuonata in mente una frase che riecheggiava durante la mia infanzia nelle vie sottostanti casa di mia madre: “Donne! è arrivato l’arrotino!”. Un’espressione familiare, dal sapore vintage, apparentemente innocua, che porta con sé l’inconsapevole accettazione di modelli e ruoli sociali imposti. Da qui la riflessione sull’habitus, il processo attraverso il quale avviene la riproduzione culturale e la naturalizzazione di determinati comportamenti, di valori e di incorporazione. Il sistema col quale le relazioni simboliche si ripercuotono in effetti diretti sul corpo dei soggetti sociali. Il concetto viene introdotto a inizio anni 1970 dal sociologo francese Pierre Bourdieu, ci si riferisce alle forme di violenza esercitate non con la diretta azione fisica, ma con l’imposizione di una visione del mondo, dei ruoli sociali, delle categorie cognitive, delle strutture mentali attraverso cui viene percepito e pensato il mondo, da parte di soggetti dominanti verso soggetti dominati. Costituisce quindi una violenza “dolce”, invisibile, che viene esercitata con il consenso inconsapevole di chi la subisce e che nasconde i rapporti di forza sottostanti alla relazione nella quale si configura. I due esempi più classici di violenza simbolica che il sociologo propone: l’imposizione di un arbitrio culturale nell’azione pedagogica e la replicazione del dominio maschile sulle donne tramite la “naturalizzazione” della differenziazione tra i generi. Strettamente connessi alla violenza simbolica sono quindi i concetti di habitus. Nella tempesta di idee attivate dal concetto di “muro”, l’immagine dell’arrotino che esorta le donne ad accorrere con gli utensili di casa si è condensata nell’immagine del coltello da cucina che, usato per tagliare le pietanze (con lo scopo di prendersi cura di sé e delle persone vicine), è contemporaneamente l’arma con la quale viene subita violenza dal partner, marito, fidanzato o padre. Da quanto emerge da un’indagine del Consiglio d’Europa è la prima causa di morte e invalidità permanente per le donne fra i 16 e 44 anni, ancora prima del cancro, incidenti stradali e la guerra. Mentre facevo i primi studi grafici, mi sono ricordata che il coltello era stato lo strumento di violenza simbolica e fisica di uno dei miei ultimi sogni, determinante per avviare un processo di cambiamento all’interno di una relazione tormentata. Il coltello con le sue qualità estetiche ed archetipiche, nei sogni va considerato sia nel suo simbolismo sessuale, sia per l’aggressività legata all’arma vera e propria. Ha anche una funzione di “separazione” ed è interessante l’uso dei coltelli-spade nei rituali mistici-religiosi per dirigere le energie. For ever è il primo studio grafico realizzato, pone la questione di come l’ habitus e l’inconsapevolezza agiscano nelle relazioni tra il maschile e il femminile giocando con gli aspetti drammatici ed ironici dell’habitus. Potremmo creare un archivio nell’archivio, userei The Wall per invitare i visitatori fisici e virtuali ad individuare ed inviarmi via email gli habitus che indossano quotidianamente ed ipotizzare un laboratorio partecipato nel quale si realizzano gli abiti attraverso vari medium. Azioni che assumono la valenza di un rito collettivo di guarigione attraverso la visualizzazione delle violenze simboliche che indossiamo inconsapevolmente. L’ habitus è un ostacolo, un “muro” insormontabile quando è inconscio, invece quando si riconosce e si desacralizza può diventare perfino una risorsa e uno strumento politico.
Un esempio può essere la questione di quanto l’habitus abbia inciso sulla bassa affluenza alle urne nel referendum sulla fecondazione assistita del 2005.
Grazie per l’opportunità.
Un abbraccio
Virginia