author
Lorenza Pignatti
contemporary art historian, Milano
contribution
senza titolo
text by the author, 2 pictures of Noga Inbar artworks
received 04.06.13
notes
I might get lost… Le mappe nelle loro presuntuosa onnipotenza presuppongono un popolo di smemorati. Ce ne serviamo anche come strumenti della memoria per contrastare l’oblio e la frammentazione, come una sorta di mantra che custodisce e nasconde malinconia e inquietudine. Madeleine de Scudéry nel lontano 1654 aveva creato una cartografia dei disordinati territori del desiderio e delle migrazioni dell’anima. In un’incisione che segue gli stilemi del tempo, che pubblicò nel frontespizio del suo romanzo Clelia, il territorio viene declinato in varie tipologie sentimentali che variano dal mare dell’intimità al lago dell’indifferenza, con frammenti dedicati alla perfidia, all’orgoglio, alla crudeltà o alla sottomissione. È Desiderio che avanza nelle mappe della materia, come recita il titolo del testo di Adonis e come suggeriscono le opere “Extreme #5″ e “Extremes #7″ di Noga Inbar.
I might get lost… “in quell’impero, l’Arte della Cartografia giunse a una tal Perfezione che la Mappa di una sola Provincia occupava tutta una città, e la mappa dell’Impero tutta una Provincia. Col tempo, queste Mappe smisurate non bastarono più. I Collegi dei Cartografi fecero una Mappa dell’Impero che aveva l’Immensità dell’Impero e coincideva perfettamente con esso. Ma le Generazioni Seguenti, meno portate allo Studio della Cartografia, pensarono che questa Mappa enorme era inutile e non senza Empietà la abbandonarono alle Inclemenze del Sole e degli Inverni. Nei Deserti dell’Ovest sopravvivono lacerate Rovine della Mappa, abitate da Animali e Mendichi; in tutto il Paese non c’è altra Reliquia delle Discipline geografiche.” Scriveva Jorge Luis Borges in Storia Universale dell’infamia.