author
Chiara Bettazzi – Prato, 1977
artist
contribution
DEMOLITION 26/06/12
2012, video 24’ 48’’
received 29.07.14
notes
“Il video racconta uno scenario che mi si è presentato due anni fa, in maniera casuale, mentre mi stavo dirigendo in studio. Camminavo lungo via Genova a Prato e mi ha incuriosito uno spazio aperto sulla strada dal quale proveniva un rumore assordante che si diffondeva dall’interno. Entrando mi sono trovata ad assistere ad una scena inusuale per me, era uno smantellamento brutale di molti oggetti e cose che si trovavano nel magazzino. In realtà era ciò che rimaneva di un processo iniziato giorni prima; uno sgombero di 80 famiglie cinesi che avevano costruito le loro abitazioni in maniera abusiva. Avevano tirato su muri e suddiviso l’ambiente in piccole stanze abitative e lavorative. Ciò che rimaneva dopo lo sgombero erano una serie di arredi.
In quel momento stavo lavorando in studio alla collezione di oggetti medici, sviluppando la mia ricerca indagando l’interno dell’oggetto, attribuendo una percezione organica a un qualcosa che si presenta per natura in maniera inversa. Medicavo e ingessavo con strumenti medici le congiunture delle sedie come fossero articolazioni di un corpo. La violenza con cui gli operai smantellavano gli arredi mi ha colpito moltissimo. La realtà che si era manifestata fa parte di una quotidianità che da anni si presenta nella mia città, ma a cui non avevo mai assistito in maniera diretta. Gli oggetti sono in qualche modo un prolungamento del corpo dell’uomo, portano con se le tracce delle vite delle persone a cui sono appartenuti, possiedono delle storie e una loro biografia data dalla stratificazione di una memoria , hanno anche loro un proprio ciclo di vita.
Le sedie presenti in questo video sono un oggetto-simbolo delle famiglie cinesi a Prato. Spesso le riconosci nei pressi dei cassonetti dell’immondizia, caratterizzate da legature, scocciature, e strati di cuscini e stracci di cui è ricoperta la seduta; sono quindi una parte visibile della loro cultura all’interno del tessuto pratese.
Ho fissato la scena con l’unico dispositivo che in quel momento avevo con me; attraverso il mio telefono cellulare ho cercato una visione più vicina possibile per percepire quel rumore che arrivava violento e rompeva quel vuoto. Le abitazioni che possedevano un’intimità e una memoria perdevano la loro identità trasformandosi in accumuli di detriti o corpi smembrati”.
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